Organismi Geneticamente Modificati
Con un dossier di 65 pagine, Legambiente aiuta a capire

"Non si vuole mettere in discussione la scienza, ma la si vuole responsabilizzare, contestualizzandola in un ambiente che deve essere rispettato, in una società che ha il diritto di essere tutelata e che può esprimere liberamente le proprie idee".

Questo il filo conduttore del dossier sugli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) realizzato da Legambiente, del quale è disponibile un’ampia sintesi nella documentazione. Il documento è stato realizzato da Manuela Panzacchi, Responsabile Nazionale Legambiente del settore, e si avvale della preziosa collaborazione di Marcello Buiatti, Docente di Genetica all’Università di Firenze, Presidente dell’Associazione Ambiente e Lavoro, nonché membro del Comitato Scientifico di Legambiente.

Partendo dalla storia delle biotecnologie avanzate, il dossier esamina i metodi utilizzati, i prodotti della transgenetica, i rischi per la salute, l’ambiente, la società, i piani di intervento in caso di emergenza, le cause dell’insuccesso della ricerca sul trasferimento dei geni, il futuro delle ricerca genetica nel settore agro-alimentare, un’ampia rassegna della normativa esistente. A seguito di una descrizione attenta della situazione attuale in questo settore, la documentazione propone poi un’ampia disamina di temi del momento quali: il dibattito internazionale sull’etichettatura, le autocertificazioni e controllo di filiera, i sistemi di verifica sui prodotti geneticamente modificati, le cautele proposte sugli effetti del rilascio di OGM e la questione cruciale della brevettabilità della vita.

La scelta di Legambiente parte dall’esigenza di fornire a studiosi e persone interessate argomenti per una precisa assunzione di posizione basata sulla conoscenza, ma introduce anche giudizi e precise scelte di campo. Infatti prende posizioni nette allorquando scrive che "Le applicazioni dell’ingegneria genetica si sono rivelate di estrema utilità in vari settori (ad esempio in farmacologia), ma possono essere anche molto pericolose quando vengono prodotti e liberati in ambiente organismi viventi "nuovi", che in natura non avrebbero mai potuto evolversi (si pensi alle piante modificate con geni provenienti da vegetali di specie diverse, o addirittura da animali), e che quindi l’ambiente non è preparato ad accogliere".

Legambiente avverte inoltre che "Con il possesso di un brevetto biotecnologico, le multinazionali sono in grado di monopolizzare l’intera filiera produttiva del settore alimentare: dal gene, al seme, ai fertilizzanti, ai pesticidi, fino al prodotto finito in vendita sui banchi dei supermercati" e sottolinea come "soia e mais transgenici sono venduti sotto forma di pane, cioccolate, biscotti, pop-corn, oli, sottoli, salse, insaccati eccetera, perché entrano a far parte degli alimenti sia direttamente, sia con i loro derivati sotto forma di additivi (olio di semi, amido di mais, lecitina di soia, ecc.)", e che ingredienti geneticamente modificati "sono attualmente presenti nel 60% di tutti i prodotti alimentari in vendita nel mercato europeo e sono la principale componente dei mangimi utilizzati nell’alimentazione degli animali da allevamento".

La conclusione del dossier - che può essere richiesto nella versione integrale presso i Centri di Documentazione di Roma (tel. 06-86268327), Bologna (tel. 051-4210515) e Verona (tel. 045-8009686) - annota positivamente che la posizione di maggiore cautela assunta dall’Europa incrocia forti elementi di difesa di interessi economici, che "fortunatamente al momento sembrano essere coerenti con le priorità della salvaguardia dell’ambiente e della salute" e anche che "all’Italia il modello di agricoltura transgenica proposto dal nuovo continente (gli USA) non solo non serve, ma sarebbe diseducativo, rischioso, controproducente ed anche svantaggioso dal punto di vista economico", rafforzando le basi per una alleanza importante fra mondo ambientalista e categorie interessate alla valorizzazione delle produzioni tipiche nazionali.
 

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