5 Settembre 2001
La Repubblica

Ecco come gli agricoltori italiani si difendono dal transgenico USA

IL MAIS DI RAZZA PADANA

dal nostro inviato PAOLO RUMIZ

VICENZA - Eccola la razza padana, è un reggimento schierato nella pianura in file perfette color smeraldo. Come per i plotoni di lancieri, davanti a ogni tre file c'è un cartello dal nome che squilla. "Forcella", "Luzzara", "Spina", "Guastalla", "Mortara". Sono i nomi del mais di casa nostra, e la brezza che scende da Asiago nelle ore del raccolto lo fa ondeggiare, rimanda al sole piccoli lampi giallo-oro di consistenza vetrosa.
I CONTADINI veneti lo chiamano ancora "formentòn", ma è una cosa tutta nuova. Sono le super-pannocchie che fanno da avanguardia sperimentale alla genetica italiana. E oggi diventano la sacca di resistenza del territorio all'egemonia multinazionale nel più strategico - e forse più italiano - degli alimenti. E al rischio transgenico che ne segue.
Franco Corbani costruisce ibridi vincenti da trent'anni, ma ha sempre trovato poteri miliardari a sbarrargli la strada. In questi trent'anni, sommersa da prodotti concorrenziali esteri, l'Italia ha liquidato gran parte del suo patrimonio genetico ed è diventata dipendente al 97 per cento dalle sementi "chiavi in mano" prodotte da altrui, diventando di fatto una colonia alimentare. Oggi Corbani sente che la partita è cruciale. Il transgenico non solo diffonde allergie sconosciute passando dalla catena alimentare animale a quella umana, ma rende sempre meno. I tempi d'oro son finiti, i "Farmers" sono inquieti e il maggior produttore mondiale - l'America - avverte i rischi di contaminazioni al punto che i produttori Usa si rifiutano di certificare l'assenza di transgenico nel prodotto. Eppure, nonostante l'allarme, la World Trade Organization (Wto) preme proprio in questi giorni sull'Europa per farle ridurre le misure sanitarie cautelative nelle importazioni di sementi. Un tentativo, forse, di sbolognare l'invenduto giocando sulla fame europea di proteine vegetali dopo che lo scandalo Bse ha fatto mettere al bando quelle animali.
L'uomo del mais traversa i filari nel fango, afferra una pannocchia matura del tipo "Mortara", la scoperchia, ne scompiglia la barba marrone, ne fa uscire una polvere grigia, simile alla forfora. "E' la Piralide, il parassita peggiore. Si moltiplica a velocità pazzesca. Tre, anche quattro volte all'anno. Eppure, guardi qui, non vola più. Vuol dire che non ne è rimasta viva una". La "Mortara" è un ibrido costruito secondo natura, versando il polline sul frutto. Per resistere alla Piralide non ha avuto bisogno di geni traslocati da chissaddove. Fino a ieri si credeva il contrario, si pensava che per battere la farfalla sterminatrice fosse indispensabile un mais transgenico. Oggi si scopre che la pianta selezionata naturalmente ce la fa da sola. E che quella manipolata, invece, produce tossine incontrollabili, avvelena l'ambiente e genera insetti resistenti.
Tramonta, trebbiatrici come torri vanno nella piana gialla fra Mantova, Cremona e la Bassa bresciana, seguite da nuvole di gabbiani. Tra la linea delle risorgive e il Po le tre provincie danno vita alla Corn Valley, il regno del mais, e la qualità del prodotto che vi si cresce è stata riconosciuta anche dagli americani della "Kellogg's" . Qui, nel cuore della Padania, il nucleo forte dell'industria alimentare comincia a non fidarsi più della genetica importata. Certe aziende, come la "Sanfermese", per timore di contaminazioni, chiedono e ottengono dai contadini il controllo totale della filiera, dalla genetica fino alla raccolta, all'essicazione e allo stoccaggio. "Solo così riusciamo a dare una garanzia superiore rispetto alla produzione di massa", spiega Andrea Pelladoni, ultimo rampollo di una dinastia che lavora nel ramo da duecento anni.
"Se si cede sulle richieste del Wto sul transgenico, allora è la rottura di una diga; un Vajont. Poi passerà di tutto", spiega Gianni Tamino, ex parlamentare europeo dei Verdi, tra i massimi esperti italiani di politica agricola. "Viene persino il sospetto che si stia contaminando l'ambiente ad arte, al punto che le multinazionali possano dire: tutto è contaminato, allora tanto vale produrre solo transgenico. Il trucco è evidente. Non riuscendo a imporre il prodotto manipolato come migliore, si cerca di imporlo almeno come equivalente. Allora il gioco è fatto. Senza un tuo patrimonio genetico autonomo, diventi schiavo anche dei pesticidi che le multinazionali vendono insieme alle sementi" . Il vero business, dicono, sta proprio lì. Nel fatto che la pianta transganica resistente ai veleni finisce per renderti dipendente dai veleni medesimi. E' il caso di un mais che si pretende super-resistente a un diserbante, il "Round-up", a base di Glifosate. Il pesticida finisce per essere usato in quantità sempre maggiori, con costi che aumentano e oltretutto con rischi di contaminazione. In più, il gene resistente al Glifosate rischia di passare ad altre piante, con effetti imprevedibili. Intanto, varietà di mais sbarcate dagli Usa hanno denunciato un crollo improvviso delle difese alla malattia del "carbone del mais". E un altro ibrido di granturco è stato colpito in modo anomalo da un brutto fungo, l'Elmintosporium. Così l'allarme cresce, e fa riemergere con sempre più forza i minori rischi e la redditività della genetica tradizionale.
In assenza di un piano europeo di ricostruzione genetica, le nazioni Ue si muovono in ordine sparso per reggere all'urto delle lobbies alimentari. La Germania sperimenta nuovi incroci all'Istituto Max Plank, che oggi è guidato da un italiano, Francesco Salamini, un tecnico di lusso costretto a emigrare negli anni folli della liquidazione delle sementi. La Francia, con le Confederazione agricola di José Bové, dà la caccia alle piantagioni sperimentali di mais transgenico con azioni spettacolari di commando. L'Italia, da parte sua, ha cominciato timidamente a rifinanziare ricerche genetiche solo da qualche mese (governo di Giuliano Amato). Ma di fatto l'iniziativa resta nelle mani di privati senza aiuti e innamorati del mestiere, come Corbani e la sua Ci-esse sementi.
A Bergamo si cerca di salvare il salvabile. Il plasma di oltre duecento specie autoctone di mais è stato stivato in celle frigorifere al Centro sementiero nazionale. Sono le sopravvissute di una famiglia assai più numerosa, dispersa negli ultimi trent'anni. Dopo lo sbarco del mais dalle Americhe, l'Italia aveva diversificato spontaneamente mezzo migliaio di linee "pure" di granturco. Specie magari brutte, magari piccole o poco produttive, ma capaci di resistere a questo o a quel clima, a questo o a quel parassita. E' un fantastico laboratorio di biodiversità non destinato affatto alla naftalina, ma vitale, ancora capace di dar vita a ibridi vincenti, persino battere malattie sconosciute, virus prodotti da mutazioni climatiche o sperimentali. "Mettere in sicurezza questo patrimonio - si accalora il veterinario Carlo Rossi - significa costruire una banca dati per i nostri figli". E forse, chissà, le sorprese non sono finite. "Magari da qualche parte c'è un orto dove un contadino conserva una specie rara senza saperlo. Bisogna trovarla e metterla sotto controllo prima che sia contaminata".
La liquidazione di questo tesoro avvenne in pochissimo tempo, quando la Federcosorzi, forte finanziatrice occulta della Dc, fu travolta dallo scandalo di Tangentopoli. I debiti che emersero erano tali che i diversi consorzi furono comprati senza troppe difficoltà dalle multinazionali. Quasi il settanta per cento del mercato nazionale del mais - caso unico in Europa - passò a un'unica aziende straniera, la Pioneer, non precisamente motivata a coltivare l'indipendenza genetica del nostro Paese. Altrove furono smantellati i laboratori di ricerca, mentre la rete consorziale italiana diventava semplice distributrice di prodotti altrui. Ma l'americanizzazione alimentare era un processo già avviato, almeno dal momento dell'irruzione sul mercato di ibridi (allora non ancora transgenici) più competitivi di quelli nazionali. La genetica dell'agricoltura italiana cominciò a disperdersi da allora.
"Gli italiani? Tifano Ferrari e magari comprano Mercedes - scherza Corbari - e nell'alimentazione è la stessa cosa. Siamo i primi al mondo nella cucina, ma compriamo la base alimentare da altri". Ricostruire una cultura genetica, dopo questo grande vuoto, non è impresa facile. Bisogna superare anche la resistenza di molte industrie (persino farmaceutiche!) a derogare alla legge del prezzo minimo, alla tirannia della produttività-quantità. "Produciamo già troppo, tanto è vero che l'Ue paga chi tiene i campi incolti. Basterebbe questo a dimostrare che gli Ogm sono inutili a sfamare il mondo. Oggi è l'ora della qualità". "Non è più possibile stoccare alla rinfusa, lavorare su navi che portano insieme mais per uso zootecnico e alimentare". Occorre, spiega, ripristinare un controllo capillare sul prodotto finito, premiando chi lavora bene. E certificare tutta la storia del prodotto, come si fa con la carne.
Ma la Padania ha fame e il mais cresce ancora. A mucchi, a montagne. Trasuda, fuma nei piazzali prima dell'essiccazione, mentre altri camion arrivano, milioni di mucche e maiali aspettano, la pianura ti ubriaca di acidi, pare uno stomaco che inghiotte miliardi, mangimi e letame. In quelle montagne gialle che fermentano troppo prima dell'essiccazione - ti avverte chi fa seriamente il suo mestiere - non c'è solo il rischio transgenico. C'è di peggio. Tossine micidiali, dette "Afla", che fanno abortire le scrofe, producono mostruosità genitali negli animali da latte e da carne. E' la legge del profitto che genera quelle montagne, e quelle montagne generano veleni che arrivano per catena alimentare fino all'uomo, entrano persino nei medicinali attraverso l'amido di mais. Quando scoppierà questo bubbone, avverte chi sa, lo scandalo Bse sembrerà uno scherzo.

CARATTERISTICHE DELLE COLTURE TRANSGENICHE
67% tolleranza erbicidi
26% resistenza insetti
8% resistenza virus
1% resistenza insetti + tolleranza erbicidi
0,1% qualita' trattamento
 
LE SPECIE MODIFICATE GENETICAMENTE E LE LORO CARATTERISTICHE
MAIS
  • resistenza ad insetti
  • tolleranza ai diserbanti totali
  • resistenza a virus
POMODORO
  • ritardata marcescenza
  • tolleranza alla siccita'
  • produttivita'
BIETOLA
  • resistenza a virus
  • tolleranza ai diserbanti totali
  • produzione di fruttani
PATATA
  • amido modificato
  • resistenza ad insetti
  • produzione di fruttani
FRAGOLA
  • morfologia modificata
  • resistenza a funghi patogeni
KIWI
  • morfologia modificata
  • resistenza a funghi patogeni
MELANZANA
  • resistenza a insetti
CICORIA
  • tolleranza ai diserbanti totali
OSTEOSPERMUM
  • morfologia modificata
SOIA
  • tolleranza ai diserbanti totali
ZUCCHINO
  • resistenza a virus
OLIVO
  • morfologia modificata
RISO
  • resistenza a insetti
TABACCO
  • resistenza a funghi
 
UNA LEGGE PER IL CIBO FRANKENSTEIN
La Commissione UE ha presentato due direttive intese a garantire per gli OGM:
LA TRACCIABILITA':
garanzia di poter seguire a ritroso il percorso di ogni cibo geneticamente modificato
L'ETICHETTATURA:
garanzia per il consumatore della possibilita' di scegliere, sapendo quali cibi contengono OGM
 
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